Buchi Neri: La prima immagine

Molti di voi sicuramente nel marzo dell’anno scorso avranno visto la prima immagine di un Buco Nero.
L’immagine è rimbalzata su tutti i mezzi di comunicazione ed è stata probabilmente il più grande evento mediatico a tema scientifico degli ultimi anni.
Proviamo quindi a spiegare in termini il più semplice possibile cosa rende così speciale questa immagine.

Partiamo capendo come questa immagine è stata ottenuta, ossia quali tecniche e quali dati sono stati necessari.
Per risolvere i dettagli sulla scala dell’orizzonte degli eventi, ossia il limite esterno del buco nero, i radioastronomi hanno calcolato che avrebbero avuto bisogno di un telescopio della dimensione della Terra (la risoluzione di un telescopio è proporzionale anche alla sua dimensione).
Un telescopio radio di queste dimensioni equivalenti può essere realizzato attraverso una tecnica nota come interferometria, che consiste nel posizionare vari telescopi il più distante possibile l’uno dall’altro poiché questo andrà a costituire il diametro effettivo del telescopio.
I dati raccolti da questa serie di telescopi sono successivamente messi in insieme, ritardando opportunamente i diversi segnali, attraverso il fenomeno dell’interferenza.
In pratica i telescopi funzionano come se fossero frammenti di un’unica grande antenna, chiamata in questo caso EHT (event horizon telescope) dato l’oggetto osservato.

Mappa dell’insieme di telescopi costituenti l’EHT (event horizon telescope)

Dobbiamo a questo punto capire cosa stiamo osservando nell’immagine.
La parte circolare centrale nera non è altro che la proiezione sul piano dell’immagine dell’orizzonte degli eventi, che avendo una forma sferica ci appare così.
Il “colore” è conseguenza del fatto che ogni corpo, molecola, particella che si avventuri oltre l’orizzonte degli eventi non può più uscirne.
Questo vale anche per i fotoni, ossia le particelle che trasportano fino a noi l’informazione visiva, e quindi il risultato è lo stesso di trovarsi a fotografare una stanza completamente buia.
L’anello rosso fuoco che circonda la parte centrale è principalmente dato dall’emissione di Sincrotrone, ossia un tipo di emissione originato da particelle relativistiche (con velocità che sono una frazione significativa di quella della luce) che si muovono in un campo magnetico.
Quella che finora abbiamo definito immagine non lo è nel senso tradizionale di fotografia, ma è un elaborazione fatta da potenti computer basandosi sui dati raccolti e inserendoli in un modello.
L’importanza di questa rappresentazione del buco nero sta nel fatto che essa rappresenta la prima prova diretta della teoria della relatività da quando questa è stata formulata 100 anni fa.
La prova sta nel fatto che l’immagine prodotta è quella prevista dalla teoria stessa e quindi dai modelli su di essa strutturati.

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