La nascita di un Sistema Planetario

Dopo avervi raccontato come si formano le galassie, o meglio, come pensiamo che esse si formino passiamo a qualcosa a noi un po’ più vicino, al nostro sistema solare. Come si formano i sistemi planetari? Tratteremo questo argomento passando per diversi step partendo dal disco protoplanetario fino alla migrazione dei corpi all’interno dei giovanissimi sistemi solari.

La nostra storia inizia con le nubi molecolari, nubi interstellari la cui densità permette la formazione dell’idrogeno molecolare e quindi di stelle, che collassano sotto la forza di gravità una volta raggiunte particolari condizioni di instabilità. Dalla conservazione del momento angolare il materiale inizia a ruotare fino ad assumere l’aspetto di un disco attorno a quella che chiamiamo protostella formatasi al centro del collasso. Ci vorranno circa 100000 anni perché la protostella diventi una stella di sequenza principale. Attorno a questo disco ruota diverso materiale ma a noi interessa quello necessario per la formazione dei pianeti ovvero particelle rocciose (silicati) o ghiacciate delle dimensioni del micron che rappresentano circa l’1% della massa di un tipico disco protoplanetario. La loro interazione per mezzo di collisioni con le molecole gassose presenti nel disco provoca aggregazione continua fino alla formazione di materiale sempre più consistente in forma e dimensione. Questi processi si susseguono fino alla formazione di vera e propria materia solida della dimensione del chilometro, che prende il nome di planetesimi.


Immagine più netta mai scattata da ALMA di un disco protoplanetario che circonda una stella HL Tauri

È arrivato il momento di fare un passo avanti e vedere come si formano i pianeti, non sono possibili esperimenti che permettano di riprodurre questi complicati processi quindi gli scienziati basano i loro studi principalmente su simulazioni al calcolatore. Una volta formati i planetesimi la loro evoluzione è dominata da mutue interazioni gravitazionali e collisioni durante il moto attorno alla protostella. Queste collisioni portano ad ulteriori aggregazioni alla formando di corpi sempre più grandi. L’evoluzione successiva si divide in due step: il primo è detto runaway growth nel quale i corpi più grandi crescono più rapidamente rispetto a quelli minori per motivi di orbita ed eccentricità, a questo processo segue l’oligarchic growth in cui un numero relativamente piccolo di grandi corpi crescono con lo stesso rate dopo aver espulso molti dei planetesimi minori. Infine, collisioni e decadimento radiativo riscaldano questi corpi fino alla reciproca fusione portando gli elementi più densi come il ferro nella parte centrale a formare un core circondato da un manto roccioso. È interessante notare che i pianeti acquisiscono massa in un range di distanze all’interno del disco protoplanetario per questo ognuno avrà una composizione chimica unica, per esempio la terra ha acquisito la maggior parte dell’acqua e altro materiale volatile dalle regioni fredde del disco come la fascia degli asteroidi.

Riproduzione grafica di una collisione tra planetesimi

All’interno dei sistemi planetari però non esistono solo i pianeti rocciosi ma anche i giganti gassosi e i giganti ghiacciati caratterizzati da processi di formazione diversi da quello appena illustrato. La particolarità di questi pianeti sta nella presenza di inviluppi gassosi. Sono proprio questi inviluppi che ci inducono a pensare che la loro formazione sia avvenuta molto velocemente, prima della dissipazione del gas presente nel disco protoplanetario.  Tuttavia, la formazione dei giganti gassosi è ancora argomento di diversi studi incentrati particolarmente su due teorie. La prima prende il nome di core accretion ed è un processo a due stadi: il core molto massivo (10 volte la massa della Terra) si forma da continue collisioni con i planetesimi nella parte più esterna del disco in cui si trova materia solida a sufficienza, a queste orbite la temperatura è bassa abbastanza da permettere la condensazione di materiale roccioso aggiuntivo. Il core a questo punto è circondato da un’atmosfera poco massiva che cresce continuamente. A seguito di tale accrescimento il core può superare una certa massa critica, in tal caso il gas inizia a fluire nel core sempre più rapidamente fino a che il gas non è terminato. Una seconda teoria è basata sull’instabilità gravitazionale ma risulta meno accreditata.

Riproduzione grafica di un Sistema Planetario in formazione

Una volta formati i pianeti il sistema continua ad evolversi con fenomeni noti come migrazioni planetarie dovute all’interazione dei neo-pianeti con gas e planetesimi che ne modifica i parametri orbitali. Le migrazioni si distinguono in migrazioni di tipo I che caratterizzano i pianeti con massa simile a quella terrestre, questi inducono onde nel gas che li circonda creando uno sbilanciamento delle forze portando il pianeta ad orbite più interne, le migrazioni di tipo II invece caratterizzano i pianeti dotati di una massa dell’ordine di 10 masse terrestri che riescono a ripulire il disco che li circonda ponendo fine alle migrazioni di  tipo I e nel tempo anche questi pianeti si spostano su orbite più interne. Un ulteriore meccanismo è lo scattering gravitazionale provocato dai pianeti più massicci che portano altri pianeti e materiale refrattario in orbite più esterne, è quello che è accaduto a Urano e Nettuno e i planetesimi che oggi formano la fascia di Kuiper e la Nube di Oort.

Esempio di modello di migrazione planetaria: Modello di Nizza per il Sistema Solare

In un tempo superiore ai 10 milioni di anni il nostro sistema planetario è pronto.

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